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V Domenica di Quaresima – 26 Marzo 2023
Liturgia della Parola (Ez 37, 12-14; Sal 129 (130); Rm 8, 8-11)
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11, 1-45)
In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.
Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Riflettiamo insieme
Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Il verbo utilizzato per manifestare l’affetto che Cristo ha nei confronti di questi tre amici ci parla di un amore totalizzante, inteso e coinvolgente. Questo amore profondissimo ma libero di Gesù imbastisce sfondo al drammatico episodio della morte di Lazzaro. A Dio non basta darci un contentino per assaporare un po’ di felicità continuando a vivere nell’ombra della morte. Lui, infatti, ci riporta in vita.
In una semisconosciuta canzone di un cantautore italiano ho ascoltato queste parole: per capire gli ultimi serve una ferita… L’evento di Cristo dall’incarnazione alla risurrezione, fino alla Pentecoste è una fessura nella vita dell’umanità, che paradossalmente non è portatrice di morte ma di vita. Colui che è la Vita stessa, vedendo il dolore del distacco e dei conseguenti delusioni e risentimenti da parte dei suoi amici, ha un moto di sdegno interiore di fronte alla manifestazione e all’esperienza del male. Egli anche oggi proclama: Io sono la risurrezione e la vita […] Credi questo? Crediamo anche noi che Cristo, il Vivente possa sconfiggere la nostra morte e il nostro male? E qui che si gioca il futuro da figli di Dio di ognuno di noi.
Preghiamo insieme
Signore Gesù, che passando tra le miserie degli uomini hai provato compassione, donaci di sperimentare la consolazione che viene da Te e di credere fermamente che solo Tu sei la risurrezione e la vita. Amen.
Sabato – Solennità dell’annunciazione – 25 Marzo 2023
Liturgia della Parola (Is 7, 10-14.8, 10c; Sal 39 (40); Eb 10, 4-10)
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1, 26-38)
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Riflettiamo insieme
Nella solennità dell’Annunciazione il nostro cuore è invitato alla gioia perché richiamato al commuovente mistero dell’Incarnazione. La Lettera agli Ebrei ci dice che il Figlio di Dio pronunciò il Suo “Eccomi” al Padre e si incarnò per fare la Sua volontà (cfr. Eb 10,5-7) e, da parte sua, similmente fece Maria.
Non è possibile somigliare loro se il perché del nostro “Eccomi” non è il frutto di una profonda considerazione di questo amore divino. San Pietro, negli avvenimenti precedenti la Pentecoste, ne è un esempio concreto: il suo zelo era autentico ma non radicato in Dio, e per questo fu incapace di realizzare i suoi propositi.
Cosa ci dice dunque il Signore? Che Egli si è incarnato non perché vittima delle circostanze, ma per spingere l’uomo ad accogliere una redenzione che, mediante Suo Sangue e il mirabile esempio della Sua vita, fosse anche capace di elevarci alle vette della virtù.
Solo immergendoci in tale amore possiamo accostarci con piena fiducia al trono di Dio, al fine di sperimentare la Sua dolcissima grazia (cfr. Eb 4.16).
Preghiamo insieme
Maria, dolce madre del Cielo, ottienimi dal Signore la grazia di non deluderLo mai: possa io renderLo felice come tu hai fatto, nei tuoi giorni terreni.
Giovedì IV Settimana di Quaresima – 23 Marzo 2023
Liturgia della Parola (Es 32, 7-14; Sal 105 (104))
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 5, 31-47)
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Riflettiamo insieme
La sicurezza religiosa di chi ha Dio in tasca, di chi crede di conoscerlo perfettamente, e la causa della cecità dei giudei ai quali Gesù rimprovera di scrutare le Scritture a vuoto, di guardare senza vedere.
Quest’atteggiamento tenta di annullare la distanza fra la creatura e il Creatore, tra il salvato e il Salvatore. Dio è infinitamente oltre la nostra possibilità di comprensione. Mentre in Gesù svela il suo volto di Padre, lo rivela nello scandalo della Croce. Ci è chiesta come lente attraverso la quale entrare in relazione con Lui.
Preghiamo insieme
Signore, salvami dalla pretesa di sapere, liberami dalla protervia di “possederti”, Tu che ti lasci possedere solo dall’amore degli umili. Amen.
Venerdì IV Settimana di Quaresima – 24 Marzo 2023
Liturgia della Parola (Sap 2, 1a.12-22; Sal 33 (34))
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 7, 1-2.10.25-30)
In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercarono allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.
Riflettiamo insieme
Tutti si stupiscono perché Gesù non sia stato ancora imprigionato e messo a morte. Giovanni spiega che non era ancora giunta la sua ora. Un modo, questo, per indicare che in realtà c’è un momento fissato da Dio padre per il compimento dell’opera della salvezza che non era certo quello. L’ora di Gesù corrisponde all’evento pasquale, alla sua glorificazione, al momento della croce dove donando la vita, vivrà a pieno la sua vocazione di Agnello di Dio sacrificato per la salvezza dell’umanità.
Le persone del tempo entrano in contrastato con lui perché si sosteneva l’origine misteriosa del Messia ed essendo Gesù proveniente da Nazareth, non poteva che essere un impostore per costoro. Ma Gesù parlando di sé mostra loro che la sua origine effettivamente è sconosciuta. Non riconoscendolo come inviato del Padre, non riconosco colui che lo ha inviato e cioè Dio. È un punto di rottura quello che si vive, ma nessuno riuscirà ad arrestarlo perché non era giunta la sua ora della redenzione.
Preghiamo insieme
Signore Gesù, fa che possa riconoscere che Tu sei l’inviato del Padre, fa che non fraintenda le tue parole, fa che possa essere partecipe alla tuo ora di salvezza. Amen.
Mercoledì IV Settimana di Quaresima – 22 Marzo 2023
Liturgia della Parola (Is 49, 8-15; Sal 144 (145))
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 5, 17-30)
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
Riflettiamo insieme
Volevano ucciderlo perché chiamava Dio dicendo “il Padre mio”. Per la religione ebraica pensare a Dio come un Padre non è problematico soltanto in relazione al popolo: Dio è Padre dell’intero popolo di Israele, non del singolo individuo, e lo è per Sua volontà. Il rapporto che invece Gesù manifesta di avere con il Padre è diverso, più profondo, viscerale e questo per gli ebrei suonava come una bestemmia… ed ecco che monta l’odio nei confronti di Gesù. Ma qual è il nostro rapporto con Dio? È un rapporto formale, nazionalista o è un rapporto intimo?
Gesù, nell’ultima parte del vangelo di oggi, ci rivela una cosa importantissima: il giudizio dipenderà da ciò che ascolterà… Il Padre si è pronunciato per una Parola di salvezza, ma noi cosa racconteremo della nostra vita in sede di giudizio? Diremo che abbiamo amato, che ci siamo sforzati di farlo con sincerità? Diremo che abbiamo cercato Dio con tutto il cuore e che abbiamo sentito nostalgia di Lui? O porteremo un triste bilancio di misfatti e ingiustizie, di chiusure ed egoismo?
Preghiamo insieme
Signore Gesù, fa che possa ascoltare la tua voce e possa credere fermamente nel Padre che ti ha mandato, così da non andare al giudizio e poter passare dalla morte alla vita. Amen.
Martedì IV Settimana di Quaresima – 21 Marzo 2023
Liturgia della Parola (Ez 47, 1-9.12; Sal 45 (46))
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 5, 1-16)
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina?”». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Riflettiamo insieme
Entrando in confidenza con la parola di Dio, ci rendiamo conto di come eventi apparentemente straordinari siano in realtà modi con cui Dio ha accompagnato il suo popolo durante l’intero corso della storia della salvezza.
In primo luogo, si scopre che Dio è sempre in cammino per cercare l’uomo disperso nei meandri dell’esistenza e del vivere le preoccupazioni quotidiane. Dio sale a Gerusalemme, città nel cui tempio vi era il Sancta Sanctorum, per rivelare la sua presenza e offrire il dono della comunione con Lui a tutti noi. Cristo si avvicina all’uomo, al suo cuore e alla sua coscienza, luoghi in cui Egli rivela la sua presenza. Si avvicina per interrogare la nostra libertà e la nostra volontà.
La sua azione non è un semplice concederci la possibilità di respirare in un momento di ristoro dalla fatica. Cristo ci ridà la vita stessa, immergendoci nell’immensità della sua misericordia e infondendoci lo Spirito Santo che ci insegna a rovesciare, cioè a convertire, il nostro paradigma di vita. Ci insegna a prendere il nostro lettuccio, le nostre fatiche e i nostri pesi e a portarli coraggiosamente. Ci dà la possibilità di consegnare a Lui in nostro peccato per camminare speditamente nella libertà dei figli di Dio.
Preghiamo insieme
Signore Gesù, io credo che tu sei il Dio della mia salvezza, il Signore della mia vita, donami di fidarmi totalmente di Te e della tua Parola. Amen.
Lunedì – Solennità di S. Giuseppe – 20 Marzo 2023
Liturgia della Parola (2Sam 7, 4-5a.12-14a.16; Sal 88 (89); Rm 4, 13.16-18.22)
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1, 16.18-21.24a)
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
Riflettiamo insieme
Sin dai primi secoli, diversi Padri di lingua greca (quella del Vangelo) nonché altri contemporanei (K. Rahner, Léon-Dufour…) hanno recepito questo brano in modo molto diverso da quello a cui siamo abituati: è infatti possibile (preferibile?) una traduzione alternativa grazie alla quale san Giuseppe da uomo “dubbioso” ci è presentato quale immediatamente disposto a credere alla notizia dell’Annuncio, timoroso però di sposare Maria per non assumersi una paternità “falsa” (e l’angelo quindi lo rassicurò sul fatto che tale gesto non costituisse peccato).
Siamo così spinti a riflettere su un elemento importante della nostra fede cristiana: san Giuseppe poté accogliere in modo maturo una simile rivelazione solo perché aveva fatto lui per primo esperienza del Dio vivente nella sua vita: possa lo Spirito Santo insegnarci a discernere la potenza del Signore operante in noi per saperlo riconoscere quando la Sua bontà va oltre i nostri schemi e i nostri desideri.
Preghiamo insieme
Signore, sii con me nella prova,
apri i miei occhi e donami una fede salda affinché nulla mi faccia dubitare del Tuo infinito amore di Padre. Amen.
IV Domenica di Quaresima – 19 Marzo 2023
Liturgia della Parola (1Sam 16, 1b.4.6-7.10-13; Sal 22 (23); Ef 5, 8-14)
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 9, 1-41)
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: Va’ a Sìloe e làvati!. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Riflettiamo insieme
Di chi è la colpa? Stiamo sempre lì a voler capire chi colpevolizzare quando si vive una situazione buia come quella del cieco nato.
Facci caso, quando nella difficoltà riflettiamo sul perché siamo così, la colpa o è nostra o è dei nostri genitori. I figli solitamente accusano i genitori per questo o per quell’altro motivo. Poveri padri e povere madri che non possono avere il lusso di essere umani.
Noi figli vediamo i genitori come degli invincibili e per questo che perdoniamo loro poco, ma non ci rendiamo conto che a loro volta anche essi sono figli e hanno bisogno di crescere e di sbagliare. E noi passiamo le ore, i giorni, gli anni a dare colpe e non capiamo che quella situazione buia è proprio il luogo dove si manifesta la gloria di Dio. È questo che dirà Gesù ai suoi discepoli. Il cieco incontrando Cristo vedrà perché la luce è entrata nel suo buio.
Preghiamo insieme
La luce di Cristo entri negli angoli bui del nostro cuore perché abbiamo bisogno di vedere la gloria di Dio nella nostra storia. Amen.
Sabato III Settimana di Quaresima – 18 Marzo 2023
Liturgia della Parola (Os 6, 1-6; Sal 50 (51))
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18, 9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Riflettiamo insieme
Quando ci crediamo giusti siamo lontani da Dio. Gesù è venuto a insegnarci l’umiltà, a riconoscere, amare e stare al nostro posto, che Dio ci ha assegnato nel Suo disegno.
A Dio non interessa la nostra “bravura” ma un cuore che ascolti e cerchi Lui. A quel punto Lui può donarci ciò che è necessario per vivere e per presentarci al suo cospetto.
Occorre coraggio per stare davanti a Dio, riconoscendo che siamo peccatori, cioè non siamo in grado di comprendere il suo pensiero, e prendendo bene tutto ciò che ci arriva, il bene come il male.
Preghiamo insieme
Padre, abbi pietà di me peccatore: non sono degno di presentarmi davanti a te, ma confido nell’amore di Cristo che si è offerto per aprire a tutti gli uomini l’ingresso nel Tempio della comunione con Te.